Good News Agency

INTERVISTA CON ERVIN LASZLO

 

di Sergio Tripi

 23 giugno 2000

 

Ervin Laszlo, scienziato, filosofo, pianista e autore di oltre 50 libri, è  fondatore del Club di Budapest, membro del Club di Roma,dell’Accademia Internazionale della Scienza,consulente scientifico dell’UNESCO e Rettore della Accademia di Vienna. Ha insegnato come professore ordinario in diverse università, tra cui Yale, Princeton e la New York State University.Vive in Italia, in provincia di Siena.

Sergio Tripi, scrittore e giornalista, è il Rappresentante in Italia dell’Università per la Pace  delle Nazioni Unite. E’ fondatore e presidente dell’Associazione Culturale dei Triangoli e della Buona Volontà Mondiale, ente morale che opera in sinergia con il Lucis Trust e con altre organizzazioni internazionali impegnate nella diffusione di una cultura di pace nella prospettiva del ‘villaggio globale’.

 

Sergio Tripi: Uno dei pensieri che colpiscono la maggior parte delle persone è il fatto che oggi il mondo deve confrontarsi con un certo numero di emergenze di base che richiedono urgente attenzione. Secondo lei, quali sono le più grandi e pressanti emergenze che il mondo deve fronteggiare oggi?

 

Ervin Laszlo: Posso riassumerle con una parola: sostenibilità – che, in una comunità internazionale ben definita, non è soltanto un problema ecologico ma anche una questione sociale ed economica e, indubbiamente, anche una questione politica. Il singolo fattore-chiave che pone la sfida più grande è il fatto che il genere di mondo che abbiamo creato nella seconda metà del ventesimo secolo non potrà durare a lungo nel ventunesimo secolo senza causare gravi collassi. Perciò dobbiamo cambiare. Ciò ha una dimensione ecologica in termini di deterioramento dei sistemi ecologici basilari di sostegno alla vita, ed ha dimensioni socio-economiche in termini di marginalizzazione quando una parte crescente della comunità umana, circa un miliardo e mezzo di persone, cioè un quarto della popolazione mondiale, vive al di sotto degli standard minimi di vita, definiti dalla Banca Mondiale in ragione di un dollaro al giorno. E vi è il problema che i modelli di consumo, gli stili di management ed i comportamenti politici non sono ancora adatti ad una comunità di sei miliardi di persone; sono più adatti ad un sistema industrale a carattere nazonale della metà del ventesmo secolo. Ma questa stuazione è in declino. Stiamo andando verso una società globalmente interconnessa basata sulla informazione, società che non è sostenibile col sistema attuale.

 

S.T.: Il quadro che lei dipinge è quello che ci viene presentato da certe attitudini dell’essere umano: egoismo, aggressività, ed il conseguente attuale sfruttamento del mondo. Come pensa che queste attitudini dovrebbero cambiare ed essere ancorate ad una nuova scala di valori, e quali dovrebbero essere questi valori?

 

Ervin Laszlo: Usando una sola parola chiave, si potrebbe dire che si deve risocializzare la comunità umana nella sua nuova condizione globale. Siamo socializzati in piccole comunità regionali, al massimo in stati nazionali. Stiamo avendo difficoltà in Europa nel passare dagli stati-nazione ad una Unione Europea e nel trovare valori comuni. Siamo qui motivati, indubbiamente, dall’apertura dei mercati e da una moneta comune, ma globalmente, malgrado la presenza delle Nazioni Unite, la comunità umana è ancora fortemente incentrata sui cosiddetti stati sovranazionali indipendenti  che non possono risolvere i problemi che la comunità generale ha di fronte, o che non sanno creare sistemi equi e pacifici che includano circa 190 governi nazionali indipendenti. Potremo concepire un tale mondo soltanto se i popoli, la politica e le società si risocializzeranno in una comunità globale creando le fondamenta per la pace. Ciò significa che l’individuo deve sviluppare fedeltà multiple; solidarietà oltre l’ambito della sua famiglia, impresa, comunità o nazione. Queste fedeltà debbono estendersi al livello di un’intera regione culturale, al livello interculturale e internazionale, ed infine al livello globale. Fino a che le persone non si sentiranno parte di una comunità umana che si sviluppa su questo pianeta come un tutto integrato, che interagisce e si sostiene nell’ambito della natura, la sua biosfera; e fino a che le persone si sentiranno separate l’una dall’altra, dalle altre culture, dalla natura, esse si comporteranno egoisticamente, avranno modelli di consumo che non sono sopportabili per altri, il ricco consumerà oltre misura e senza rispetto per i bisogni e le possibilità del povero, ed il povero a sua volta sovraccaricherà il suo ambiente circostante, sovrasfruttandolo nella sua ricerca per la sopravvivenza. Ed in alcuni casi, con i modelli attuali di comportamento politico e civico, gli attuali modelli di consumo, l’attuale stile direttivo delle grandi organizzazioni internazionali d’affari, e con l’odierno tipo di leadership politica nei governi nazionali, stiamo creando una tensione nel sistema che comporta che, invece di integrarsi a livello globale, questo sistema sta crollando. Sta diventando iperteso e diviso tra ricchi e poveri; tra chi ha potere e chi non ne ha; tra chi può disporre di risorse e chi non può.

 

S.T.: Questioni importanti che richiedono nuove attitudini; e attitudini basate su nuovi valori. Abbiamo il tempo per adottare questi nuovi valori e nuove attitudini e, assumendo di sì, in quali aree dobbiamo intervenire il più presto possibile per vederli adottare?

 

Ervin Laszlo: Siamo in corsa con il tempo, con il cambiamento. Come disse H.G. Wells all’nizio del secolo: il futuro sarà deciso in una corsa tra l’educazione e il disastro. Lo si potrebbe ripetere. Potremmo dire che il nostro futuro all’inizio del ventunesimo secolo verrà deciso in una corsa tra l’evoluzione di una coscienza nuova, più globale nelle masse e il frazionamento crescente, le divergenze crescenti che abbiamo nel mondo contemporaneo. Quindi gli elementi importanti sono: informazione ed istruzione. Ovviamente, informazione è un termine generale, ma non è sufficiente avere soltanto l’informazione, è necessario che essa sia pertinente. Deve anche essere il genere di informazione di cui la gente ha bisogno per orientarsi in questo mondo. Non è sufficiente dare soltanto immediata attenzione ad elementi sensazionalistici dell’informazione, a catastrofi, o a guerre, o a quanto vanno facendo i capi politici. Tutti questi elementi hanno naturalmente il loro posto nei media e nel flusso dell’informazione, ma ciò di cui abbiamo bisogno è la comprensione delle tendenze di fondo, dei processi basilari che formano il nostro mondo e decidono del nostro destino, del nostro futuro. Ecco che abbiamo bisogno di un’informazione più pertinente, per raggiungere la corrente principale della popolazione: adulti e giovani, anziani, gente di tutte le età. Ciò è possibile perché possediamo i flussi necessari d’informazione, possediamo la tecnologia.

L’altra area è ovviamente l’istruzione, con cui dobbiamo raggiungere i giovani, coloro che entreranno in scena come dirigenti e attori della comunità umana nei prossimi dieci o venti anni. Senza che loro abbiano compreso, senza lo sviluppo della loro coscienza, non abbiamo affatto un futuro. Quindi l’istruzione deve iniziare in un’età molto giovane; deve cominciare negli asili e proseguire fino alle scuole secondarie e all’università. Non è un compito senza speranza perché l’uomo ha sempre creato i valori di cui ha bisogno per sopravvivere in una società che sta diventando sempre più complessa. Ma in questo momento abbiamo un ritardo. Il nostro sistema di valori, le nostre visioni del mondo, il modo in cui guardiamo noi stessi, la natura e le altre culture è al di sotto della necessaria soglia; è indietro ai tempi; è obsoleto.  Era giusto cinquant’anni fa, era giusto forse trent’anni fa, ma negli ultimi vent’anni certi sviluppi lo hanno superato. Ecco che abbiamo bisogno di quel genere di coscienza, di quel genere di valori che consentano a tutti di sopravvivere in questo mondo, ed i giovani debbono comprendere fin dal principio che, per raggiungere questo obiettivo, essi debbono sapere quali sono le tendenze di fondo, perché si verificano, perché il nostro mondo è insostenibile e cosa può renderlo sostenibile.

 

S.T.: L’informazione e l’istruzione sono quindi le due aree più urgenti che debbono essere stimolate e sintonizzate con queste nuove tendenze. Ciò sembra essere possibile almeno per quanto concerne l’informazione: in diversi paesi vi sono esempi di nuovi approcci ai problemi educativi. I media, d’altro canto, sembrano continuare ad essere guidati dalla loro ricerca della quantità piuttosto che della qualità, alla disperata ricerca, come sempre, di lettori e di indici d’ascolto. Che possibilità ci sono che questa attitudine possa cambiare in futuro?

 

Ervin Laszlo: Il problema con i media è che essi sottovalutano il cambiamento di mentalità del pubblico. Essi credono che si tratti ancora del vecchio contesto, che siano i vecchi valori a dominare. Essi non si rendono conto che moltissime persone: giovani, intellettuali, persone sensibili di ogni genere, sono frustrate, stufe, e richiedono qualcosa di diverso; che sono più interessate a comprendere il nostro futuro, a capire i processi evolutivi in atto, che vedere soltanto titoli sensazionalistici. Una volta che i media avranno capito che vi sono più persone interessate in questo genere d’informazione, sono certo che essi forniranno quel tipo d’informazione perché ciò di cui sono alla ricerca è audience. Ora sono dominati, come lei dice, da misure quantitative: qual è la classifica del programma radio o televisivo, quante persone vi si sintonizzano, quali sono i tassi di abbonamento di un giornale o di una rivista. Questi sono i termini che decidono dell’attenzione dei media. Se i media capiranno che possono vendere (ed uso questo termine commerciale opportunamente, perché essi vogliono vendere) informazioni pertinenti, sono certo che essi forniranno informazioni pertinenti.

 

S.T.: Questo quadro sembra corrispondere ad una nuova situazione negli indici di lettura e di ascolto dei media. Vi è un crescente numero di persone che va perdendo interesse nel tipo d’informazione che riceve. Sono persone spesso disorientate e alla ricerca di qualcosa di nuovo. Quindi si tratta di divenire consapevoli di quella parte di pubblico che è alla disperata ricerca di vedere nuovi programmi e di leggere materiale nuovo. Ed un altro fattore che potrebbe confermare e sostenere ciò che lei dice è la presenza in questo paese di oltre cinque milioni di persone che danno un qualche contributo volontario alla società, in un campo o in un altro. Direbbe che ciò è indice di speranza, di progresso per il futuro?

 

Ervin Laszlo: Bene, vi sono due settori della società che sono estremamente importanti e indicatori di speranza per il futuro. Uno è il settore del volontariato, che è spesso consolidato nelle organizzazioni non governative, sia nazionali che internazionali, che cercano di fare qualcosa che sia più significativo di quanto facciano le agenzie ufficiali inter-governative e governative. Il numero di queste ONG è aumentato in forma esponenziale negli ultimi dieci o vent’anni. Questo è un settore carico di speranza, un settore importante. L’altro è un settore informale, che viene a volte definito  delle culture alternative e che va dalle persone che sono vicine al gruppo principale e che in effetti vogliono soltanto vivere in modo diverso, cambiare il loro stile di vita, ed arriva fino alle sètte, quel tipo di persone in qualche modo lunatiche che condividono con fervore un’ideologia del tutto differente e che rifiutano l’establishment, la società. E’ quindi uno spettro molto ampio. Ma moltissime persone, perfino in questo settore informale, stanno cercando seriamente di cambiare il loro modo di vivere, i loro modelli di consumo, il loro proprio comportamento politico. Molti di loro cercano di abbandonare le grandi città, di andare in campagna, di vivere più a fondo la loro vita. Lo si può vedere in Toscana, dove molte persone arrivano dalle grandi città di tutta Europa e improvvisamente si trovano a impegnarsi in coltivazioni organiche o a vivere uno stile di vita più personale, più sostenibile. Quindi, sia il settore formale che quello informale della società mostrano un processo di cambiamento. Questi processi di cambiamento vanno sostenuti.

 

S.T.: Direbbe, quindi, che vi sono più segni di speranza o più segni di disperazione?

 

Ervin Laszlo: Penso che i due vadano insieme. Più la situazione diviene critica, più la gente ripensa i propri modelli di comportamento e i propri valori e va sviluppando la propria coscienza. La speranza di un genere di transizione interamente omogeneo, lineare e molto graduale sta in effetti scomparendo. E’ probabile che vedremo alcuni cambiamenti fondamentali accadere all’improvviso, come abbiamo visto nell’Europa dell’Est nel 1989 e 1990 quando quell’intero cosiddetto secondo mondo è improvvisamente scomparso, praticamente da un giorno all’altro. E’ probabile che vedremo cambiamenti importanti e non previsti fino proprio al giorno prima. Ma al tempo stesso penso che la gente sia sempre più pronta. Sempre più persone arrivano sulla lunghezza d’onda dove si rendono conto che abbiamo di fronte un processo di cambiamento marcatamente non lineare, fortemente qualitativo. E in particolar modo i giovani sono alla ricerca di nuovi modi di essere e di fare le cose, e sono pronti ad assumersi responsabilità. Quindi penso che in questo senso la disperazione per la situazione sia al tempo stesso causa di speranza perché è unita ad una maggiore consapevolezza e ad una maggiore determinazione a cambiare.

 

S.T.: Vi sono segnali precisi che sostengono questa prospettiva, segnali di risposta da parte di coloro che sono più consapevoli?

 

Ervin Laszlo: Sono in corso alcune ricerche in Europa e altre ne dobbiamo ancora fare. In America sono state effettuate alcune ricerche che indicano che vi sono più di quaranta milioni di americani che appartengono alle cosiddette culture integrali, un termine usato per descrivere organizzazioni o gruppi di persone che vanno adottando uno stile di vita e modelli di consumo totalmente differenti e che cercano di vivere in un modo più sostenibile, più parco. Semplicità volontaria è un’altra definizione usata a questo proposito. Quindi traspare il fatto che vi sono più persone di quanto si pensi, che stanno già cercando di cambiare. La necessità maggiore, e al tempo stesso la mancanza maggiore, è la comunicazione tra queste genti. Sono un po’ disorientate. Queste persone pensano di essere molto poche, ritengono che sì, sono disposte a cambiare, ma che poche persone in altre parti del mondo, o anche nel loro paese, siano disposte a farlo. Tuttavia questo non è vero. Quindi penso che unire queste persone tra loro, trovare per loro una base comune, stabilire comunicazioni tra loro, sarebbe un’attività molto importante.

 

S.T.: In conclusione, il messaggio è quindi: lavorare duramente su noi stessi e guardare al futuro con entusiasmo. Giusto?

 

Ervin Laszlo: Giusto. Con speranza ma con l’accettazione della responsabilità.  Non soltanto chiedendo i propri diritti, ma accettando la responsabilità per noi stessi, per le altre persone in questo mondo, per la natura e perfino per le generazioni future.

 

 

I Lettori troveranno ulteriori informazioni, prospettive e collegamenti sul sito web: www.globalcensus.org

 

 

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