Good News Agency

INTERVISTA CON JACQUES DIOUF

 

 Direttore Generale della FAO

 

di Sergio Tripi

 

27 luglio 2001

 

 

Banca Mondiale e FMI, inquinanti organici permanenti, agricoltura biologica, organismi geneticamente modificati, il problema della fame.

 

 

Eletto Direttore Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura alla fine del 1993, Jacques Diouf – senegalese, un dottorato in Scienze Sociali del Settore Rurale alla Sorbona, apprezza il ruolo di Good News Agency nella creazione di un’opinione pubblica più consapevole ed ha acconsentito a farsi intervistare dal suo editore e direttore, Sergio Tripi.

 

Sergio Tripi: La sicurezza alimentare e lo sviluppo del settore agricolo nei paesi più poveri del mondo sono stati particolarmente al centro delle discussioni alla terza Conferenza delle NU sui Paesi Meno Sviluppati che si è svolta a Bruxelles dal 14 al 20 maggio di quest’anno. Negli ultimissimi anni la politica del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale per sostenere i 49 PMS ha subito una sostanziale correzione, essendo stato posto un forte accento sullo sviluppo sociale piuttosto che su uno stretto controllo della bilancia dei pagamenti di quei paesi. Vi sono programmi congiunti e/o linee di convergenza tra quelle due istituzioni e gli obiettivi strategici della FAO?

 

Jacques Diouf: La FAO ha operato in partnership con la Banca Mondiale fin dal 1964. Questo rapporto di lunga durata è stato fortemente proficuo, con la FAO che ha aiutato i suoi paesi membri a preparare progetti d’investimento da far finanziare dalla Banca, liberando così risorse aggiuntive per lo sviluppo. Circa un terzo di tutti i progetti di sviluppo agricolo e rurale finanziati dalla Banca ogni anno sono preparati nell’ambito di questo programma congiunto, per il quale la Banca contribuisce per il 75% dei costi.

La FAO e la Banca Mondiale lavorano a stretto contatto anche su un’ampia gamma di questioni tecniche e strategiche. Un esempio attuale è il lavoro della FAO per uno Studio Globale dei Sistemi di Coltivazione, commissionato dalla Banca quale contributo alla sua revisione della propria strategia per lo sviluppo agricolo e rurale. Questo studio, che esamina le sfide che si prevede dovranno essere fronteggiate dai piccoli coltivatori in tutto il mondo nei prossimi trent’anni, ha riunito esperti da tutta la nostra Organizzazione.

La decisione della Banca Mondiale di lanciare la sua nuova strategia per lo sviluppo agricolo e rurale durante il ‘Summit Mondiale per l’Alimentazione: cinque anni dopo’, che avrà luogo a Roma in Novembre di quest’anno, è indicativo della forza del rapporto tra la Banca Mondiale e la FAO.

La Banca Mondiale ha inoltre concordato in linea di principio di rispondere positivamente alle richieste governative per il finanziamento dell’espansione delle attività varate nell’ambito del ‘Programma speciale della FAO per la sicurezza alimentare nei paesi a basso reddito e con deficit alimentare’. Il primo paese a trarre beneficio da questi nuovi accordi è il Madagascar, e molti altri seguiranno quest’anno.

 

Lavorare a così stretto contatto con la Banca significa che tendiamo a considerare le questioni dello sviluppo in una prospettiva simile. E’ vero che sia la Banca che l’FMI hanno recentemente considerato l’alleviamento della povertà soprattutto una questione di investimenti in salute ed istruzione, e che ciò si è riflesso nella guida che queste due istituzioni hanno dato ai paesi impegnati nella preparazione di strategie per la riduzione della povertà. Ma noi stiamo constatando che esse recepiscono le nostre argomentazioni che evidenziano che l’eliminazione della fame è un primo passo cruciale nello sradicamento della povertà. Percepiamo anche un riconoscimento crescente da parte loro del ruolo essenziale che lo sviluppo agricolo ha da svolgere nel miglioramento della vita delle famiglie povere, considerato che circa il 70% dei poveri vive in regioni agricole.

Un ulteriore segnale dell’intensità della nostra cooperazione con le istituzioni di Bretton Woods è la recente ammissione della FAO come osservatore nella prestigiosa Commissione per lo Sviluppo, ove vengono prese molte delle decisioni strategiche dell’FMI e della Banca Mondiale.

 

La Convenzione di Stoccolma ha concluso i suoi lavori con la firma, il 23 maggio, di un Trattato che bandisce gli Inquinanti Organici Permanenti. In prospettiva, in che modo questo trattato influenzerà l’agricoltura nel mondo?

 

Il trattato sugli IOP prende in considerazione sostanze chimiche organiche persistenti che hanno coperto lunghe distanze. Esse si accumulano particolarmente nelle regioni artiche del mondo. Attualmente sono inclusi dodici composti, ma altre sostanze potranno essere aggiunte in futuro. Nove sono pesticidi, mentre i policlorinati bifenili vengono usati nei trasformatori elettrici, e diossina e furano sono inquinanti non voluti risultanti da processi industriali non appropriati e dall’incenerimento incontrollato di rifiuti.

L’elenco attuale di pesticidi è di scarsa rilevanza per l’agricoltura. Il DDT è praticamente usato soltanto per il controllo dei vettori della malaria, anche se può esservi qualche partita illegale per uso agricolo. Gli altri composti sono di uso molto limitato in agricoltura: la produzione di due di essi, Aldrin e Dieldrin, fu fermata anni fa (anche se per alcuni composti permane qualche uso residuo per il controllo delle termiti), ma la produzione di questi pesticidi è quasi completamente interrotta e sono disponibili delle alternative.

 

L’agricoltura biologica sta venendo sempre più considerata dall’opinione pubblica come una risposta appropriata all’uso eccessivo dei metodi della ‘rivoluzione verde’. Quali di questi due approcci svolgerà un ruolo principale nella lotta contro la fame?

 

La Rivoluzione Verde ha portato progressi importanti nella produzione alimentare in molti paesi in via di sviluppo, ma bisogna riconoscere che le sue tecnologie dipendono soprattutto da input esterni. Spesso esse sono troppo costose o non disponibili per i coltivatori poveri, se vi sono difficoltà nell’ottenere crediti.

L’agricoltura biologica favorisce i sistemi alimentari locali e si basa su risorse che costano poco e sono disponibili localmente. Le tecniche di agricoltura biologica sostituiscono gli input agricoli esterni con merci e servizi dell’ambiente e con l’abilità e la conoscenza degli agricoltori. L’agricoltura biologica aumenta l’indipendenza dei coltivatori da fattori sui quali essi hanno poco controllo (disponibilità di fertilizzanti minerali, pesticidi sintetici e semenze migliorate, accesso al credito) ed aumenta la produttività dei sistemi tradizionali. Nelle aree povere di risorse, l’agricoltura biologica è un’alternativa importante nella ricerca di una soluzione sana ed equa al problema dell’insicurezza alimentare.

Va però notato che, se l’applicazione di nitrogeno fertilizzante dovesse derivare esclusivamente dal letame, il 50% della terra coltivabile attuale dovrebbe essere convertito a foraggio e le coltivazioni che fissano il nitrogeno e i capi di bestiame dovrebbero aumentare del 300% per poter soddisfare la domanda. 

I mercati per cibo biologico certificato rappresentano perciò 1-2% della  vendita totale al dettaglio nei paesi industrializzati. D’altro canto, la domanda per prodotti biologici certificati è il settore alimentare in maggior crescita, con una domanda che aumenta del 20% all’anno. Purché i produttori dei paesi in via di sviluppo siano in grado di certificare i loro prodotti biologici e di accedere ai lucrativi mercati internazionali, gli utili dell’agricoltura biologica potranno contribuire alla sicurezza alimentare aumentando i redditi.

 

Vi è una crescente preoccupazione nel mondo per la minaccia degli organismi geneticamente modificati. Questa preoccupazione è dovuta principalmente ai possibili effetti collaterali pericolosi. Quanto tempo e quale metodo di ricerca sarebbero necessari per una piena sperimentazione degli OGM? Qual è la posizione della FAO su questo argomento?

 

Non è possibile fare delle generalizzazioni definitive sugli OGM. La FAO sostiene un sistema di valutazione scientifico che determini oggettivamente i benefici e i rischi di ogni singolo OGM. Ciò richiede un approccio prudente e caso per caso, con una valutazione della sicurezza ambientale e alimentare di ogni prodotto o procedimento prima della sua liberalizzazione. Il procedimento valutativo deve anche tenere in considerazione l’esperienza ottenuta dalle autorità specifiche nazionali nella valutazione di tali prodotti. E’ anche essenziale un attento monitoraggio degli effetti

di questi prodotti o processi dopo che sono stati liberalizzati, in modo da assicurare il protrarsi della loro sicurezza per gli esseri umani, gli animali e l’ambiente. Il Protocollo sulla Biosicurezza recentemente adottato alla Convenzione sulla Diversità Biologica offre un quadro di riferimento per lo sviluppo di standard di valutazione del rischio concordati a livello internazionale. Il Codex Alimentarius, il cui Segretariato è ospitato dalla FAO e dalla OMS, sta attualmente sviluppando standard di valutazione del rischio per cibi geneticamente modificati.

 

L’altra obiezione largamente diffusa nei confronti dei cibi geneticamente modificati, ugualmente importante per l’opinione pubblica, è che essi consegnano troppo potere nelle mani di poche multinazionali e lasciano gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo dipendenti da queste perfino per l’acquisto delle semenze, che non verrebbero più prodotte naturalmente dai raccolti risultanti da organismi geneticamente modificati. E’ vero questo e, se lo è, come potrebbe essere corretta questa situazione?

 

Gli investimenti attuali nella ricerca biotecnologia tendono in effetti ad essere concentrati nel settore privato ed orientati verso l’agricoltura nei paesi a più alto reddito. In vista del contributo potenziale delle biotecnologie ad aumentare la disponibilità di cibo e a superare l’insicurezza e la vulnerabilità alimentari, la FAO ritiene che si debbano compiere sforzi per assicurare che i paesi in via di sviluppo in generale, e gli agricoltori con poche risorse in particolare, abbiano la possibilità di ricevere benefici dai risultati della ricerca biotecnologia e al tempo stesso continuino ad avere accesso a una molteplicità di fonti di materiale genetico.

Ciò richiede di essere affrontato con maggiori finanziamenti pubblici ed un dialogo crescente tra il settore pubblico e quello privato. La FAO continua ad assistere i suoi paesi membri, particolarmente i paesi in via di sviluppo, a sviluppare la capacità di cogliere i benefici derivanti dall’applicazione di biotecnologie sane e adeguate in agricoltura, silvicoltura e pesca. L’Organizzazione inoltre assiste i paesi in via di sviluppo a partecipare più efficacemente ed equamente al commercio internazionale di prodotti e derrate. La FAO fornisce assistenza e informazione tecnica, così come analisi socio-economiche ed ambientali, sulle principali questioni globali relative ai nuovi sviluppi tecnologici.

 

Nel novembre prossimo la FAO terrà il Summit Mondiale per l’Alimentazione. Nel precedente Summit nel 1996, il Piano d’Azione concordato includeva da parte dei governi diversi impegni, che ci si aspettava che avrebbero condotto verso un abbattimento significativo della fame cronica. E già nel dicembre 1992, la Conferenza Internazionale congiunta FAO/OMS sulla nutrizione aveva dichiarato che “la fame e la malnutrizione sono inaccettabili in un mondo che ha sia le conoscenze che le risorse per porre fine a questa catastrofe umana”. Perché il problema della fame continua ad essere così drammatico nel mondo?

 

Per rispondere alla sua domanda, osserviamo cosa succede in Africa. Mentre l’Africa non è il continente più popoloso, essa include metà dei paesi del mondo a basso reddito e con deficit alimentare e 33 dei 48 paesi meno sviluppati – paesi in cui la maggioranza della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno. Recentemente, i problemi che hanno ridotto allo stremo molte nazioni africane scaturiscono molto spesso da una combinazione di problemi interni ed esterni. Questi includono condizioni climatiche incerte, in particolar modo periodi ricorrenti di siccità e di inondazione; mancanza di controllo dell’acqua – soltanto il 6% della terra coltivata in Africa è irrigato o ha qualche tipo di sistema di controllo dell’acqua, contro l’11,7% di terra irrigata in America Latina ed il 42,6% nell’Asia del sud; conflitti armati sia all’interno delle nazioni che tra di esse; forte crescita demografica che mette in difficoltà le risorse idriche e può comportare una erosione severa del terreno, salinizzazione ed esaurimento delle risorse stesse; peste delle piante e malattie umane quali la malaria, la tubercolosi e molto recentemente l’HIV/AIDS; instabilità politica; livelli decrescenti dell’aiuto internazionale; ed una povertà diffusa.

 

Nel frattempo, nei nove anni tra il 1990 e il 1999, l’Assistenza Ufficiale allo Sviluppo (Official Development Assistance – ODA) per i paesi in via di sviluppo è diminuita del 19%. Ciò contraddice l’impegno internazionale di aumentare l’ODA dal suo attuale livello dello 0,24% all’obiettivo concordato dello 0,7% del PIL. Nel 1990 la regione africana riceveva il 30% dell’ODA. Nel 1998, questa quota è scesa al 21% nonostante l’impegno preso dai leader mondiali al Summit Mondiale per l’Alimentazione di intensificare gli sforzi per il raggiungimento dell’obiettivo.

 

Questo è uno dei motivi per cui la FAO ha chiesto ai leader mondiali di tornare a Roma questo novembre per il ‘Summit Mondiale per l’Alimentazione: cinque anni dopo’. E’ necessario riaffermare quegli impegni presi cinque anni fa, quando l’obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero dei malnutriti nel mondo fu sottoscritto da 186 paesi. Lo studio FAO sullo Stato della insicurezza alimentare nel mondo 2000 ha mostrato con chiarezza che l’attuale velocità di miglioramento non è sufficiente per conseguire questo obiettivo. E’ quindi richiesta un’azione più determinata da parte dei governi e della comunità internazionale.

 

 

* * * * * * *